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sabato 2 ottobre 2010

SIENA-MODENA STREAMING DIRETTA LIVE

SIENA-MODENA STREAMING DIRETTA LIVE. ampagna elettorale”. Questo atteggiamento di Obama è lodevole per certi aspetti, visto che ha voluto concentrarsi su problemi concreti che vanno dal piano di stimolo economico alla riforma della sanità, dagli investimenti nella pubblica istruzione alla riforma del sistema bancario. Quella di Obama è stata una vera politica del fare. Però il disprezzo per quello che Obama chiama politicking, che significa compagna elettorale permanente, è sbagliato e potenzialmente molto rischioso, come ha scritto recentemente il commentatore del Washington Post E.J. Dionne: in una democrazia è impossibile separare il governare dal politicking. Il Politicking altro non è che lo sforzo continuo di convincere cittadini liberi dei meriti di una serie di idee, proposte e decisioni. I cittadini possono accettare errori se credono che la direzione complessiva del governo sia giusta. Obama, salvo alcune eccezioni, ha dato l’impressione di prendere decisioni senza offrire nello stesso tempo una visione globale di come vorrebbe la società americana.

É un errore che Berlusconi non avrebbe mai fatto. Anche se Berlusconi si è presentato come il capo del governo del fare, in realtà si interessa molto poco della noiosa gestione dei problemi quotidiani che occupano la maggior parte della vita degli italiani, e pratica in realtà la politica dell’apparire, cioè della campagna elettorale permanente. Berlusconi, profondo conoscitore del mondo dei media di oggi, non ha tutti i torti. E Obama con un ritardo pericoloso deve reimparare come fare politica – vediamo se due mesi gli basteranno.

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17
set
2010
La Moschea e la Società che vogliamo (risposta ai commenti)

ll mio post “Moschea a Ground Zero” mi è sembrato piuttosto blando, un richiamo perfino ovvio e banale a non lasciarsi andare in polemiche incandescenti sulla cosiddetta “moschea a Ground Zero.” Le risposte – quasi sempre appassionate, a volte feroci e violente – dimostrano quanto forti e irrisolti siano i sentimenti attorno a diversi argomenti intrecciati (e talvolta confusi): Islam, terrorismo ed immigrazione.

Il termine “Moschea a Ground Zero” crea un’immagine terrificante e offensiva di un edificio con una grande cupola “a cipolla” con minareto sul suolo dove sono morte le vittime degli attacchi terroristici dell’undici settembre. Invece, lungi dall’essere uno sfregio nei confronti dei morti dell’11 settembre, mettere un centro sociale islamico vicino al luogo del massacro era un tentativo (forse ingenuo ma genuino) di identificazione con le vittime. Quindi una risposta positiva di un Islam moderato che cerca di convivere con altre fedi. Non puoi chiedere ad una minoranza di identificarsi e riconoscersi come americani – con tutti i diritti e gli obblighi degli altri – e poi trattarli come cittadini di serie B e chiedergli di spostarsi qualche isolato più in là.

Ho spiegato che non c’è base giuridica per negare ai promotori di questo progetto il permesso di costruire: non c’è una religione di stato e c’è un divieto esplicito nella nostra costituzione di non inferire in alcun modo nell’esercizio della religione. Per la costituzione americana tutte le chiese hanno gli stessi diritti punto e basta. E infatti se leggete attentamente tutte le critiche del progetto (perfino quelle di Sarah Palin) dicono molto chiaramente di non mettere in dubbio il diritto dei musulmani di mettere una moschea dove vogliono ma criticano il buon gusto o la mancanza di sensibilità del progetto.

Lungi da essere uno sfregio alle vittime del terrorismo il Cordoba Initiative e’ un tentativo di onorare le vittime delle Torre Gemelle, un gesto conciliatore di dialogo tra le fedi. Il centro prende il nome Cordova per ricordare il periodo di convivenza piuttosto tranquilla tra musulmani, cristiani ed ebrei; dalla città dove tra l’altro convivevano il filosofo arabo Averroè (che aiutò l’Europa cristiana nel conoscere Aristotele e il filosofo ebraico Moses Maimonide). Ciò non impedisce ad alcuni di vedere nel nome Cordova una nostalgia per il dominio islamico della Spagna (non sapete che la riconquista della Andalusia e’ tra i chiodi fissi di Osama Bin Laden?). Lasciamo perdere che l’imam che capeggia il Cordova Initiative e’ l’uomo che il presidente George Bush mandò in giro per il mondo come ambasciatore di un Islam americano moderato. E’ previsto anche un memorial per le vittime dell’undici settembre tra cui, tra l’altro, ci furono una sessantina di musulmani.

Dico questo non per fare un’apologia dell’Islam, né per negare l’esistenza della minaccia letale e molto reale di un fondamentalismo islamico nel mondo intento a distruggere una città come New York che è la negazione di tutto quello che rappresentano loro: apertura mentale, libertà di espressione e di religione, vivacità intellettuale e innovazione scientifica. E sono questi valori che sto cercando di difendere e che sono anche in ballo in questa controversia.

Dopo l’undici settembre molti commentatori hanno chiesto ai musulmani di dimostrare chiaramente che stavano dalla parte delle vittime e non da parte dei terroristi. La stagrande maggioranza dei musulmani americani l’hanno fatto. Dopo l’11/9 quasi tutti i negozi islamici mettevano bandiere americane nelle loro vetrine – in parte per paura, in parte per sincero patriottismo. In nove anni, saranno stati arrestati e condannati circa una decina di musulmani americani per atti terroristici – una decina tra 6 milioni di musulmani negli Stati Uniti. Gli altri 5,999,990 sono qui per lavorare e vivere, per mettere da parte un po’ di soldi, comprarsi una casa o magari mandare i loro figli all’università più o meno come altri americani. La maggioranza dei musulmani ha votato per George Bush nel 2000, gli altri per Al Gore (altro che Osama Bin Laden). E oltre 80 % dei musulmani sentiti in una ricerca del 2003 si erano detti favorevoli a leggi più forti contro il terrorismo. Quindi i musulmani americani si sono sottoposti con poche lamentele a lunghe code all’aeroporto dove spesso erano oggetto di lunghe perquisizioni per via delle origini.

Difendere questo progetto non è affatto “buonismo” come hanno scritto molti lettori, ma realismo. Ci sono 600.000 musulmani a New York, una città di otto milioni. Se vivono qui hanno il diritto di vivere come gli altri, con centri sociali e moschee. L’immigrazione ha arricchito gli Stati Uniti sia economicamente che culturalmente. Alcuni lettori hanno visto la mia posizione come una forma di debolezza e paura: bisogna cedere ai musulmani e cercare di tenerli buoni se non ci attaccano. Ma non è così. Come non ha senso chiedere perché dobbiamo permettere una moschea a New York (o a Milano) quando non si possono costruire chiese nell’Arabia Saudita. Io non voglio vivere in Arabia Saudita o in una società che l’assomiglia in nessun modo. Voglio vivere a New York, una città vitalissima e eterogenea. In realtà la questione più importante posta dal dibattito attorno al centro islamico vicino a Ground Zero non è come sono i musulmani? Ma invece: chi siamo noi? che tipo di società vogliamo? Vogliamo una società dove tutti i gruppi hanno gli stessi diritti o una società con cittadini di serie A e di serie B?

Non ho illusioni sulla bontà di Islam e della buona volontà dei paesi islamici nel mondo, la maggior parte dei quali sono l’antitesi di quello che vogliamo. L’Islam ha una forte componente manichea – i fedeli contro gli infedeli – che si presta bene alle prediche dei fondamentalisti. Ma è anche vero che insieme alla storia di conquista e jihad, I’Islam ha anche un’altra storia: una storia di (relativa) tolleranza, di secoli di sviluppo scientifico, rispetto per la conoscenza. Nello stesso modo in cui altre grandi tradizioni religiose hanno alle loro spalle storie di massacri nel nome di Dio e storie di grandezza e cultura. Allora con un miliardo di musulmani nel mondo su quale filone vogliamo che s’identifichino? il filone di Averroé o quello dei suoi persecutori? Quindi incoraggiare progetti come il centro Cordoba o l’estremismo islamico?

Il dibattito attuale ricorda per certi versi i discorsi che si sentivano durante la guerra fredda tra l’USSR e i paesi della NATO. Durante gli anni ’70 e ’80 si diceva spesso che l’occidente era diviso e debole (interessato a fare soldi e al divertimento) mentre l’Unione Sovietica era unita da una metà strategica molto chiara conquista mondiale. (Lenin stesso aveva detto che i capitalisti avrebbero venduto la corda con cui il comunismo li avrebbero impiccati.) I governi occidentali dovevano confrontarsi con manifestazioni popolari e movimenti pacifisti mentre i leader dell’URSS mandavano tranquillamente i suoi dissidenti nei gulag. Le società aperte si sono rivelate al lungo andare molto più forti: e’ proprio a causa delle loro libertà che hanno generato idee nuove, innovazione tecnologica e crescita economica.

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