Visualizzazioni totali

sabato 2 ottobre 2010

TRIESTINA-CROTONE STREAMING DIRETTA LIVE

TRIESTINA-CROTONE STREAMING DIRETTA LIVE. Il grafico mostra l’Italia agli ultimi posti della tabella dei paesi del mondo per crescita del PIL pro capite dal 2001 al 2009 (otto anni durante i quali Berlusconi è stato per lo più al governo). Negli otto anni precedenti il primo duraturo governo Berlusconi, questo valore era stato molto più vicino alla media OCSE. Al contrario, nel periodo caratterizzato dai governi di Berlusconi, l’economia italiana è stata l’unica importante economia al mondo a subire negli ultimi otto anni un consistente calo (appena inferiore al 6%) del reddito reale pro capite. Ad alcuni piccoli paesi è andata ancora peggio – il crollo di un terzo del reddito pro capite nello Zimbabwe di Mugabe fa passare in secondo piano anche l’Italia di Berlusconi. Haiti e la Costa d’Avorio hanno subito rispettivamente una diminuzione del 7% e del 9%. Comunque, a parte questi tre paesi, a nessun altro paese al mondo è andata peggio che all’Italia.

Si potrebbe obbiettare che la crescita economica non è tutto, che non è l’unica misura di un buon governo, ma ultimamente gli economisti si stanno focalizzando sempre di più sulla crescita del PIL come misura utile per la salute di una società. L’economista di Harvard Benjamin Friedman ne ha dedicato un libro molto importante intitolato The moral consequences of growth. (le consequenze morali della crescita), in cui nota che periodi di bassa crescita sono marcati da fenomeni di chiusura, xenofobia e politica estremista. Se si considera la storia europea dopo la seconda guerra mondiale, abbiamo visto lo sviluppo a pari passo di una crescita economica molto florida e una società sempre più generosa di welfare, che offre benefici e servizi sociali su una base universale, mentre le crisi economiche dopo la prima guerra mondiale e poi la grande depressione hanno portato al potere governi totalitari, dall’Unione Sovietica al Fascimo e Nazismo. Nella società di oggi, il rallentamento dell’economia europea ha coinciso con il fiorire di fenomeni di xenofobia in vari paesi, per cui non si può guardare con indifferenza il tasso di crescita molto basso in Italia.

Indirizzo permanente del post 33 commenti »

29
ago
2010
Irrazionalità e polarizzazione

Il 31 per cento degli elettori repubblicani è convinto che il presidente Barack Obama sia un musulmano, anche se durante la campagna elettorale del 2008 i repubblicani lo hanno attaccato per la sua appartenenza ad una chiesa cristiana “nera” considerata “razzista”. Una percentuale analoga di elettori ritiene che non sia nato negli Stati Uniti, nonostante il suo certificato di nascita rilasciato dallo stato di Hawaii.
La stragrande maggioranza dei repubblicani è altrettanto certa che Obama sia un “socialista”, anche se si è ben guardato dal nazionalizzare le banche durante la crisi e si è rifiutato di spingere per la creazione di un servizio sanitario nazionale proprio per corteggiare elettori conservatori-moderati, deludendo, in entrambi i casi, i suoi elettori di sinistra.
Minoranze consistenti di repubblicani — tra il 20 e il 40 percento — sembrano convinte che Obama voglia aiutare i terroristi e distruggere il sistema economico capitalista in America.
L’idea che il riscaldamento globale sia una frode perpetrata da alcuni scienziati per mettere gli Stati Uniti sotto il dominio delle Nazioni Unite è molto popolare nella destra americana. La diffondono e la condividono molti deputati repubblicani nelle aule del Congresso.
Sono impazziti, questi repubblicani? Sembra una domanda frivola e faziosa, ma purtroppo non lo è secondo Roberto Y. Shapiro, uno dei massimi esperti dell’opinione pubblica negli Stati Uniti e professore di scienze politiche alla Columbia University. Venticinque anni di ricerca dimostrano, secondo Shapiro, un profondo mutamento nell’opinione pubblica americana, sempre più orientata verso una polarizzazione politica e quindi verso posizioni più estreme. I repubblicani non hanno il monopolo della follia: un sondaggio del 2006 ha rivelato che circa metà dei democratici era convinta che il presidente George Bush aveva pianificato gli attacchi del 11 Settembre o sapeva degli attacchi in anticipo e nulla fece per impedirli. Mentre il fenomeno interessa sia i democratici che i repubblicani, secondo Shapiro, sembra più marcato tra gli elettori repubblicani.
Ci sono vari aspetti del problema. “La classe politica è molto più ideologica e polarizzata – sostiene Shapiro – e poi c’è la polarizzazione del pubblico e la polarizzazione dei media. Vent’anni fa ci si chiedeva se i media avessero un orientamento politico: ora è una questione chiusa. Abbiamo dei media palesemente di parte”.
La polarizzazione della classe politica non è un’opinione, ma un dato di fatto. Uno studio condotto dallo stesso Shapiro ha registrato il calò abissale di voti bipartisan negli ultimi venticinque anni. Una generazione fa non era infrequente trovare, in entrambi gli schieramenti, una maggioranza composta da un buon numero di deputati disposti ad appoggiare moltissime leggi. Nel 2009, al contrario, il “piano di stimolo” dell’amministrazione Obama, nonostante il fatto che la Casa Bianca avesse introdotto molti tagli alle tasse per attrarre consensi tra i repubblicani, non ha ottenuto un singolo voto repubblicano nela camerica di deputati al Congresso. Ricordiamoci che gli Stati Uniti in quel momento erano travolti da un vero collasso economico, e che economisti di tutti i colori politici concordavano sulla necessità di un piano di stimolo per evitare una seconda Grande Depressione. Sarebbe stato logico immaginare che qualche repubblicano avesse aiutato un presidente democratico. In passato, del resto, il piano economico di Reagan aveva ricevuto un certo numero di voti democratici, e la stessa cosa era successo a Bush con il taglio alle tasse e l’invasione dell’Iraq.
La polarizzazione della classe politica si spiega in parte con il più grande cambiamento “regionale” negli Usa: il passaggio del Sud del paese dal partito democratico a quello repubblicano. Con la strategia del Sud, i repubblicani hanno fatto dell’opposizione ai diritti civili dei neri un cavallo di battaglia, strappando ai democratici una loro vecchia roccaforte e rendendo più omogenei entrambi i partiti. Ora la base del partito repubblicano è quasi esclusivamente bianca e in buona parte animata da convinzioni religiose fortemente conservatrici. Mentre il vecchio repubblicano aveva una forte componente “liberal” (liberali in economia nel senso europeo del termine, e liberali anche su molte questioni sociali), a cominciare dagli Anni Ottanta l’ala destra ha cominciato a cacciare i moderati dal partito. Pur di rischiare di perdere le elezioni generali, i repubblicani hanno preferito schierare candidati di destra a correre nelle primarie con un numero sempre più esiguo di moderati. Hanno perso alcuni seggi sicuri, ma in compenso hanno raggiunto una compattezza e una coesione politica a volte invidiabili per un partito democratico viceversa sempre più diviso. Così si spiega l’assenza anche di un solo voto repubblicano a favore del piano di stimolo di Obama. Per punire uno dei tre repubblicani che al Senato si era dichiarato favorevole al piano di stimolo, i repubblicani lo hanno effettivamente estromesso dal partito, appoggiando un rivale più spostato a destra nel suo distretto.
Nelle recenti primarie nel Carolina del Sud il candidato Bob Inglis è stato attaccato dalla destra perché si è rifiutato di definire Obama “socialista”. “Perche dovrei insultare il presidente? Perche dovrei vedere i democratici come nemici? I nostri veri nemici sono altri: Al Qeada e i Talebani”. Ma Inglis ha perso, dopo una campagna feroce condotta contro di l ui dal cosiddetto “Tea Party Movement”, che ormai rappresenta la vera destra.
“I pazzi hanno preso in ostaggio il partito”, scrive John Avalon, ex-consigliere di Rudolph Giuliani, uomo di destra ma considerato moderato in un contesto sempre più polarizzato. Tuttavia, a giocare un ruolo importante in questa trasformazione politica è sicuramente anche un cambiamento avvenuto nel sistema dei media. Nel vecchio mondo prima della Rete, ma ancora prima della tv via cavo, ci furono tre reti televisive nazionali. Per ragioni economiche erano blande e centriste, perchè la loro strategia economica mirava a captare tutti gli ascoltatori. Con la tv via cavo, e l’arrivo di decine e poi centinaia di canali, i nuovi media puntavano sulla strategia della nicchia: captare il 5 o il 10% del mercato era già un successone. Per rompere il monopolio delle vecchie tre televisioni centriste si è pensato a qualcosa di diverso: avere un punto di vista molto forte. Canali di sole notizie, con pochi giornalisti e gente in studio, con pochi fatti e molta opinione: tutto questo costa molto poco. Urlare e fare rissa induce il pubblico a non cambiare il canale. Così è nata la formula di Fox News. MSNBC cerca di lanciare un Fox News della sinistra, ma funziona meno bene. Forse è troppo ragionevole.
Personaggi di questo nuovo mondo mediatico, come Rush Limbaugh, parlano di Obama come del “primo presidente islamico degli Stati Uniti”. Glenn Beck della Fox News sostiene (e non sto esagerando) che la riforma sanitaria di Obama è un modo sotterraneo di ricompensare le “vittime” della schiavitù. Beck non tenta neppure di offrire prove — i neri poveri ricevono già servizi sanitari — del fatto che famiglie di lavoratori, soprattutto bianche, beneficeranno dalla riforma della sanità. Ma per Beck (e la mentalità paranoica di chi ragiona come lui) la mancanza di prove — dovuta all’apparente moderazione di Obama — è solo la conferma ulteriore del genio malefico del primo presidente nero. “L’ho detto per mesi – ha detto Beck – non fate passare una sola legge da questa amministrazione. Stanno costruendo qualcosa. Non so cosa stiano costruendo, ma stando mettendo insieme qualcosa che non sappiamo, con queste leggi”.

La combinazione di una nuova classe politica polarizzata e un nuovo tipo di media polarizzato è molto forte. Uno studio del 2004 ha dimostrato che un anno dopo l’invasione dell’Iraq il 40-60% degli elettori repubblicani continuava a credere in tre cose che si sono rivelate false: che Saddam Hussein fosse dietro gli attacchi dell’11 settembre; che fossero state trovate armi di distruzione di massa; che la maggioranza dei paesi nel mondo fosse favorevole all’intervento americano. Ma gli americani che continuavano a credere in queste ipotesi sbagliate erano proprio coloro che guardavano Fox News. Il 61% delle persone che pensano che Obama sia un musulmano dice di averlo appreso dai media.
La svolta estremista ha portato grandi profitti alla Fox News e ha creato grandi benefici per i politici che la seguono. Sarah Palin, assunta come commentatrice della rete di Murdoch, ha un piattaforma nazionale grazie a Fox.
Alcuni intelletuali conservatori sono preoccupati da questi sviluppi. Julian Sanchez, della Cato Institute, un istituto di ricerca conservatore-libertario, ha scritto recentemente che i commentatori della destra come Limbaugh e Beck “si sono staccatati dalla realtà perché il desiderio di aizzare la folla è più grande della motivazione di raccogliere informazioni accurate”. Sanchez ha anche denunciato la “chiusura epistemiologica” della destra attuale: nel mondo frammentato dei nuovi media ognuno attinge a siti web e a fonti di notizie che confermano i propri pregiudizi, creando così una camera degli echi. David Frum — autore del famoso discorso di George Bush sul cosiddetto “asse del male” (e quindi conservatore Doc) ha criticato la nuova tendenza a rifiutare la realtà dei fatti, ma per questo è stato rimosso dall’American Enterprise Institute, una “think tank” conservatore.
La ricerca sulla polarizzazione dimostra che le persone tendono a moderarsi quando devono confrontarsi spesso con persone che hanno altri punti di vista. Come avveniva regolarmente nella stampa generalista, dove la pagina dei commenti rispecchiava varie opinioni. Ma gli elettori si spostano su posizioni più estreme quando sono incoraggiati da interlocutori che aderiscono alla stessa ideologia, ed è quello che avviene di solito nel mondo della Rete. È possibile anche per i politici crearsi dei mondi in cui non devono mai ascoltare critiche o rispondere a domande difficili. Molti politici repubblicani (Sarah Palin in testa) non danno interviste alla stampa generalista (solo a Fox News, o media simili) e appaiono solo in luoghi dove il benvenuto caloroso è garantito. I democratici, per governare, sono costretti a cercare consensi al centro: l’anno scorso molti politici democratici hanno tenuto riunioni pubbliche (spesso burrascose) per convincere un pubblico scettico sulla saggezza della riforma sanitaria di Obama.
“Non si sa se la causa più importante di tutto questo siano i media o i politici”, dice Shapiro. “Non sono molto ottimista per quanto riguarda il cambiamento nei media – aggiunge – e per questo ritengo che il cambiamento, se mai avverrà, lo può produrre solo il mondo politico. Nel 2008 tutte e due partiti hanno scelto il loro candidato più moderato, Obama per i democratici e John McCain per i repubblicani. Ma con la scelta di Sarah Palin c’è stata una svolta: dal centro agli estremi”. Sarà mai possibile tornare indietro?

Indirizzo permanente del post 6 commenti »

25
ago
2010
Fucilare il messaggero

Fucilare il messaggero

L’altro ieri sono usciti due pezzi sullo stesso tema: i tentativi di due governi di fare scomparire brutte notizie dalla stampa nazionale e di punire chi osa pubblicarle. Hugo Chavez si è mosso contro un giornale che ha pubblicato una fotografia che ritrae diversi cadaveri dopo l’ennesima strage a Caracas, una città diventata più pericolosa di Bagdad. Secondo il New York Times, ci sono stati 4.644 morti civili in Iraq l’anno scorso rispetto agli oltre 16.000 omicidi in Venezuela, paese con una popolazione di 27 milioni rispetto ai 30 milioni dell’Iraq.

Il governo venezuelano ha smesso di pubblicare le statistiche ufficiali degli omicidi, ma un osservatorio privato ha stimato che dal 2006 ci sono stati 43.792 omicidi, a fronte dei 28.000 morti provocati dalla guerra feroce contro i narcos nel Messico, paese di oltre 100 milioni di abitanti.

Ma una corte venezuelana ha ordinato il giornale El Nacional di non pubblicare altre immagini di violenza.

In Sudafrica succede invece che il governo è stanco di vedere articoli sulla corruzione governativa. Recentemente un giornale ha raccontato che il figlio del presidente Jacob Zuma ha beneficiato di un programma designato a giovani “svantaggiati,” suscitando molta indignazione. Il partito del governo, il vecchio African National Congress di Nelson Mandela, sta promuovendo una legge dal nome orwelliano, “Protection of Information Bill,” (Protezione dell’informazione). Una proposta che prevede per il governo la possibilità di classificare certe categorie di informazione come “interesse nazionale,” definito come tutto ciò “che appartiene al bene pubblico,” e perviene alla “sopravvivenza e la sicurezza dello stato”. I giornalisti che violassero questa legge potrebbe passare dai 3 ai 25 anni in galera.

Ovviamente, la legge bavaglio di Berlusconi è un po’ diversa da queste, ma l’istinto è lo stesso. Dopo la proliferazione di scandali – dalle escort alle intercettazioni nel caso AGCOM (“Adesso basta, chiudiamo tutto!…Non si può vedere Di Pietro che fa quella faccia in televisione!”), dallo scandalo della Protezione Civile con i “massaggi terapeutici” di Guido Bertolaso a quello del cosiddetto P3 – la risposta è sempre la stessa: non voglio più vedere intercettazioni telefoniche sui giornali. Come quando si fucilava il messaggero che portava brutte notizie.

Indirizzo permanente del post 20 commenti »

« Post precedenti
Pagina successiva »

0 commenti:

Posta un commento