Il serbo ha dato qualche fastidio allo spagnolo, lo ha tenuto sul campo tre ore e quarantré minuti, gli ha anche tolto l'unico set dell'intero torneo, ha provato accelerazioni, contropiedi e rotazioni, ma al momento del dunque, quando i punti 'pesavano' di più è venuto meno. La verità è che Djokovic non ha giocato male, anzi. E' che per fare un 'quindici' con il Nadal di questo Flushing Meadows devi farne tre, correre per quattro, stressarti per cinque. Ed alla fine il serbo è finito in debito d'ossigeno. Ha finito la benzina, dunque anche la lucidità necessaria.
E pensare che questa, la superficie di New York, non è certo quella preferita da Nadal, lontana mille miglia dall'amata terra rossa del Roland Garros, dove in passato aveva racimolato solo delusioni. L'altra verità è
Tutti dobbiamo inchinarci alla strapotenza fisica di questo ragazzo, alle straordinarie rotazioni e movimenti di polsi e gomiti (sembra di gomma) che sembrerebbero innaturali, ma possibili solo per lui. Per non parlare dei suoi recuperi: bisognerebbe chiedergli di sfidare Bolt sui cinquanta metri, non è detto che il vincente sia il giamaicano.
Il 2010 non è ancora finito: a Londra vorrà onorare nel migliore dei modi il Masters, prima di pianificare la prossima stagione che, a questo punto, non può che prevedere il Grande Slam. Però un'altra sfida è possibile lanciargliela: smettere di aggiustarsi i posteriori del pantaloncini. In alternativa, magari cambiare il tipo di slip. Potrà realizzare anche lo Slam intimo?
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