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lunedì 18 ottobre 2010

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SORPRENDENTE: Guardate cosa ha fatto questa RAGAZZA ad un provino per il GRANDE FRATELLO 11. Il VIDEO Tumore all’ovaio, tenerlo sotto controllo si può

Tumore all'oviaio: nuove speranze
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Nuove speranze per i malati di tumore all’ovaio. Al 35° congresso dell’ESMO, sono stati presentati i risultati dello studio su un farmaco già approvato in Europa per la cura di altri tipi di cancro. Associandolo alla chemioterapia si possono evitare le recidive

Colpisce 4.500 donne e provoca circa 3.000 decessi. Stiamo parlando del tumore all’ovaio, ma i risultati di uno studio internazionale tenutosi presso il Congresso Europeo di Oncologia (ESMO) sono incoraggianti.

«Il bevacizumab, in associazione alla chemio, permette di tenerlo sotto controllo», queste le conclusioni del prof Pignata dell’Istituto Tumori Fondazione G.Pascale di Napoli.
Quello di cui parla Pignata è un farmaco biologico che agisce inibendo l’angiogenesi* e ha dimostrato di aumentare del 15% la probabilità di vivere più a lungo e senza peggioramenti.

La peculiarità di questo tumore è che, ahimè, tende sempre a recidivare. Ecco perché è necessario trovare un trattamento che tenga sotto controllo la patologia. I dati dello studio internazionale ICON7 parlano chiaro: nell’80% dei casi il tumore si ripresenta negli anni futuri.
«Si tratta di una svolta importante nel trattamento di una malattia che negli ultimi anni non ha offerto nuove opzioni terapeutiche», dichiara Pignata, suscitando grande interesse ai 15mila esperti riuniti all’35° congresso dell’ESMO.

Purtroppo il tumore all’ovaio è quasi asintomatico. «In questa forma di cancro la diagnosi precoce è difficile perché non vi sono sintomi che la permettano. Con la conseguenza che nell’80% dei casi il tumore viene scoperto solo quando è già in fase avanzata».
Tuttavia, la chemioterapia associata al bevacizumab sembra ottenere risultati soddisfacenti: «Siamo riusciti a cronicizzare la malattia grazie alle armi che abbiamo oggi a disposizione», continua il prof. Pignata . «Uno dei problemi più importanti nel trattare questa patologia non è la risposta iniziale alla chemioterapia, ma il fatto che per la maggior parte delle pazienti il tumore si ripresenta dopo un certo periodo di tempo, nella maggior parte dei casi entro 15 mesi dalla diagnosi iniziale».

Per arrivare a queste conclusioni, lo studio ICON7 ha coinvolto 1528 donne suddivise in due gruppi: il primo ha ricevuto il trattamento di routine, mentre il secondo sia la chemioterapia che il bevacizumab.
È bene non dimenticare le misure preventive: «Anche se non vi sono fattori di rischio chiaramente dimostrati» - spiega il prof. Marco Venturini, presidente eletto dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) «è importante puntare sulla prevenzione. Attenzione quindi allo stile di vita, seguendo un’alimentazione corretta ed evitando il fumo di sigaretta. Sappiamo inoltre che le donne con una parente di primo grado colpita da carcinoma ovarico hanno un rischio più elevato di svilupparlo. Si tratta di tumori causati da mutazioni genetiche ereditarie. E oggi sono disponibili test per accertare queste alterazioni».

«L’approccio al trattamento di questa neoplasia è necessariamente multidisciplinare. La collaborazione tra ginecologo e oncologo è fondamentale perché il carcinoma ovarico è una patologia per la quale sono essenziali sia la componente chirurgica sia la terapia medica», conclude Pignata.
I dati dello studio ICON7 sono molto incoraggianti, ma sono ancora in fase preliminare ,quelli definitivi saranno disponibili tra due anni.
(lm&sdp)

Image: © Photoxpress.com

*Bevacizumab agisce inibendo l’angiogenesi, cioè diminuendo la crescita di nuovi vasi sanguigni, e limitando così l’apporto di sangue al tumore. Il farmaco è già approvato in Europa per il trattamento degli stadi avanzati di 4 tipi di tumori: il carcinoma del colon-retto, del seno, del polmone e del rene.

Source: Ufficio stampa Congresso ESMO 2010

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