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sabato 2 ottobre 2010

PIACENZA-PADOVA STREAMING DIRETTA LIVE

PIACENZA-PADOVA STREAMING DIRETTA LIVE .L’altro giorno Piero Ostellino sul Corriere della Sera ha scritto un commento molto forte che iniziava così:

Se si solleva lo sguardo dalla congiuntura delle cronache giornalistiche quotidiane, e si guarda al quadro d’insieme, lo spettacolo sovrastante gli avvenimenti degli ultimi mesi — crisi della maggioranza di governo, eventualità di elezioni anticipate, prospettive di evoluzione della situazione — è desolante. Solo l’insipienza della classe politica, la programmatica malafede di certi media, un’opinione pubblica frastornata, e ormai incapace di discernere, potevano ridurre a una questione fra berlusconismo e antiberlusconismo l’inattualità delle istituzioni, l’inconsistenza della cultura politica nazionale, la fragilità del sistema politico che ne sono emersi. L’intero spettro delle regole, dei principi e degli istituti che sono a fondamento della nostra vita politica si sono sfarinati, mentre troppi italiani si comportano come degli ultras in uno stadio di calcio. Non si illudano berlusconiani e antiberlusconiani di far uscire il Paese dal tunnel nel quale lo hanno cacciato semplicemente prevalendo gli uni sugli altri.

Capta bene l’umore nero d’Italia in questo momento e il senso giustificato di delusione che attraversa il paesaggio politico del paese da destra a sinistra. È scritto bene con energia, tant’è vero che sarebbe facile lasciare trascinare dalla retorica e non soffermarsi sull’analisi politica che è invece difettosa e molto comoda.

Ci sono cose da condividere in questa analisi. È giusto criticare l’intera classe politica per i problemi del paese e l’incapacità dell’opposizione del centro-sinistra ad articolare una visione alternativa, uno dei grandi drammi dell’Italia. È chiarissimo però che i problemi dell’Italia sono purtroppo molto più profondi della presenza di Berlusconi e che non scompariranno se lui dovesse uscire dalla scena politica. Ma è anche giusto mettere sullo stesso piano Berlusconiani e chi ha osato criticare Berlusconiani e dare a loro pari responsabilità per la crisi del paese? Lascia anche perplessi il riferimento vago alla “programmatica malafede di certi media”. A chi si riferisce Ostellino? Sarebbe bene che usasse i veri nomi di cui parla. Si riferisce alle manganellate dei giornali della famiglia Berlusconi? Si riferisce a quelli che hanno ‘demonizzato’ Berlusconi, e in questo caso, chi sarebbero? La Repubblica, l’Unità, Il Fatto Quotidiano? Gli unici che si salvano nell’analisi di Ostellino sono i pochi veri liberali d’Italia, che sono naturalmente Ostellino e i cosiddetti terzisti del Corriere della Sera che hanno cercato di mantenere una posizione di equa distanza da Berlusconi e dai suoi critici.

Perché l’attuale maggioranza di governo è in crisi? Berlusconi è stato eletto con una delle più grandi maggioranze della storia Italiana, maggioranza che ora è in frantumi. Il motivo è che invece di occuparsi dei problemi del popolo italiano che l’ha eletto, e che ha atteso e ancora attende risposte concrete a problemi reali, Berlusconi ha messo al centro della sua attività legislativa i suoi problemi personali, come le varie leggi ad personam e le minacce di crisi di governo sulla spaventosa legge delle intercettazioni telefoniche (che tra l’altro buona parte della sua maggioranza, che tante altre brutte leggi le ha supportate, non è’ stata in grado di digerire). Ha reso fin troppo chiaro che è disposto a far saltare il governo e sprofondare il paese in una crisi ancora più per leggi che riguardano squisitamente lui. Tanto che ormai i suoi esponenti non ne fanno più mistero, dicendo che senza una legislazione salva Primo Ministro non si possa andare da nessuna parte.

Quest’ultima battaglia è solo l’ennesima prova che l’Italia è ingovernabile da quando Berlusconi è entrato in politica. Era fin troppo ovvio dal 1993 che una persona come Berlusconi, capo del più grande impero mediatico del paese, in più proprietario di un’azienda già oggetto di inchieste giudiziarie e possibili processi, stava mettendo il paese su un binario di collisione frontale tra la sua figura e la magistratura, ma anche tra Berlusconi e tante altre importanti istituzioni del paese. In questa situazione i sedicenti liberali come Ostellino hanno anche loro delle colpe: dal 1994 in poi le principali voci del quotidiano più autorevole del paese, da Sergio Romano a Ostellino, da Angelo Panebianco a Paolo Mieli a Ernesto Galli della Loggia sono stati molto deboli nel criticare il conflitto di interesse che sta alla base del fenomeno Berlusconi. Ogni volta che lo menzionano dicono: “Si è vero, però…” e mettono sempre l’accento sulle colpe della magistratura e altre forze della società. (Mi ricordo un pezzo particolarmente debole (credo di Sergio Romano) che diceva “Sì, Berlusconi ha i suoi conflitti d’interesse, però il presidente John Kennedy aveva i suoi con il patrimonio del padre…” Paragone del tutto sbagliato: il padre di Kennedy non possedeva giornali o televisioni, non aveva conti aperti con la giustizia o interessi economici di scala nazionale. Era solo un uomo ricco che promuoveva la carriera del figlio. Cosa che era liberissimo di fare.) In questi centinaia di pezzi, il “ma” era quasi sempre verso l’inizio del pezzo mentre il resto parlava più spesso del cosiddetto strapotere della magistratura italiana, che secondo questi avrebbe invaso la scena politica, anche se può essere dimostrato che le indagini che riguardavano gli alti dirigenti della Finivest hanno preceduto l’entrata in politica di Berlusconi e che le indagini sul suo conto non sono frutto di una congiura politica.

Prendiamo due casi esemplari. Indagando sulle tangenti della guardia di finanza, un ufficiale corrotto, sentendosi dire che molti imprenditori erano costretti a dare tangenti, ha detto incavolato: “Ma anche quelli della Mondadori dicono cosi?” e ha subito spiegato come gli sono stati offerti aiuti finanziari per non fare il nome dell’azienda dell’allora primo Ministro Berlusconi. Che dovevano fare i magistrati davanti a una dichiarazione del genere? Non indagare? Invece le loro indagini hanno portato alla scoperta che un dirigente della Finivest, Massimo Maria Berruti, andò a parlare direttamente con Berlusconi che presidiava un consiglio dei ministri e pochi minuti dopo ha telefonato all’agente della guardia di finanza corrotto. Che doveva fare la magistratura davanti a prove come queste? Fare nulla solo perché la persona indagata era il Primo Ministro del paese? (Berlusconi non è stato condannato perché i giudici non ritenevano chiaro il suo ruolo ma Berruti sì. Ciò non lo impedisce di rappresentare il popolo italiano in parlamento.)

Secondo caso: l’avocato inglese di Berlusconi David Mills, in preda al panico di avere violato le leggi fiscali del proprio paese, ha scritto una lettera al proprio fiscalista dichiarando di aver preso 500.000 euro dal gruppo Berlusconi per aver tenuto fuori Berlusconi dai processi di cui Mills sapeva molto più di quanto non abbia detto alle autorità. Il fiscalista inglese riferisce tutto alle autorità britanniche, le quali passano informazioni ai colleghi italiani. Che dovevano fare i magistrati italiani davanti alla concreta possibilità che Berlusconi avesse comprato un testimone per evitare condanne in alcuni processi? Nulla? Potrei andare avanti per decine di pagine citando casi simili. Il problema non è se Berlusconi è una brava persona o un mascalzone. Il problema è strutturale.

I liberali come Ostellino avevano il dovere di dire subito nel 1993-94 che il conflitto di interesse di Berlusconi era incompatibile con la democrazia moderna. Non sarebbe stata una posizione di destra o di sinistra, né la demonizzazione di un individuo. Dovevano porre una scelta molto netta a Berlusconi: vendere tutto e occuparsi della scena pubblica, o tenere tutto e rimanere un imprenditore e non un politico. Chiedere di vendere tutto a qualcuno che vuole guidare uno dei paesi più importanti del mondo non è un sacrificio eccessivo – è il minimo per occuparsi delle faccende del paese. Il vero liberalismo sta nel rispetto delle regole, regole che Berlusconi non ha fatto il minimo tentativo di rispettare o di riconoscere. E mentre i problemi dell’Italia non scompariranno quando se ne va Berlusconi, è altrettanto certo che non si risolveranno finché lui resta in politica. Poi se le istituzioni italiane sono molto deboli e in parte dovuto alle pressioni del conflitto d’interessi di Berlusconi che non sopporta che ci siano istituzioni di controllo autonome: la magistratura, i giornali, commissioni parlamentari, enti come l’AGCOM i cui commissari dovrebbero vigilare sui media ma che Berlusconi tratta come i suoi dipendenti.

Certamente anche la sinistra ha le sue responsabilità: anche loro sono stati in grave ritardo per quanto riguarda il conflitto d’interessi, perché non hanno fatto una legge sul conflitto d’interessi dopo l’elezioni di Prodi del 1996 come avrebbero dovuto. E avrebbero dovuto anche fare una legge seria e comprensiva, che riguardava anche categorie in cui sono rappresentati anche degli esponenti della sinistra, per dimostrare al paese che il conflitto di interesse è un principio serio che riguarda tutti e che non è stato fatto per punire un solo soggetto, Berlusconi. Questa sì che era una battaglia liberale da fare, che non è stata fatta dai terzisti del Corriere della Sera, una delle poche istituzioni che avrebbero potuto costringere Berlusconi a rispettare le regole all’inizio della sua carriera politica.

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